“Tra le molte opere pubbliche compiute nell’anno XI nella provincia di Savona, il Palazzo delle Poste segna la massima realizzazione. Ideato dall’architetto Roberto Narducci, già noto per la realizzazione di edifici postali e ferroviari, il nuovo Palazzo delle Poste di Savona è sorto in area già occupata da vecchie, indecorose, antigieniche costruzioni […].
Il nuovo edificio, che occupa un intero isolato della superficie di 1.300 metri quadrati, è la prima saliente affermazione, veramente integrale, d’indirizzo modernissimo e di principi razionali, che si sia avuta in Savona. […]
Nessuno, anche se compiacentemente attaccato a vecchi motivi architettonici, può negare e disconoscere la bella semplicità e la schietta modernità del nuovo Palazzo Postale”.
Così ne scrive La Rassegna della Provincia di Savona nel numero 11 del novembre 1933, a pochi giorni dall’inaugurazione che una relazione manoscritta, conservata dall’Archivio Storico di Poste Italiane, fissa il 28 ottobre 1933.
Nel documento si legge che: “La costruzione della nuova e decorosa sede dei servizi postali e telegrafici nella città di Savona, si imponeva dato lo sviluppo commerciale ed industriale della città, fu decisa dal Ministero delle Comunicazioni nel 1931 e sollecitamente attuata a mezzo dell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato”.
Il progetto, pubblicato nel 1934 dalla rivista “Architettura”, segna l’avvio dell’evoluzione del linguaggio architettonico di Narducci in direzione “moderna”: in un’area limitata e irregolare, concepisce un’originale soluzione ad angolo tra la stretta via Mistrangelo, piazza Diaz e via Manzoni con il prospetto principale parzialmente in curva, caratterizzato all’estremità da una torre con orologio dalle linee “purissime”.
“Studiato con cura e criteri di modernità” e dotato di “tutti i servizi moderni, quali: riscaldamento, ventilazione, telefoni, telegrafi, posta pneumatica, montacarichi, etc.”, il Palazzo viene costruito in meno di tre anni.
Il giudizio della stampa dell’epoca è positivo: piacciono le linee esterne equilibrate e sobrie, la policromia ottenuta con un sapiente accostamento di rivestimenti marmorei; piace la Vittoria con il Pegaso domato, “vigoroso gruppo scultoreo” in pietra di finale opera di Arturo Martini, uno tra i più grandi scultori del Novecento; e piace particolarmente l’“accogliente e luminoso” salone al pubblico “coperto a volta di vetro cemento”, la cui modernità è arricchita dalle vetrate artistiche degli artisti Fontana e Sardi e dai bellissimi altorilievi in ceramica, raffiguranti il Telegrafo e la Posta, opera di Mario Gambetta, pittore e ceramista di fama nazionale che aveva fatto di Albisola la sua residenza d’elezione.
Dall’Archivio Storico di Poste italiane
Il nuovo edificio, che occupa un intero isolato della superficie di 1.300 metri quadrati, è la prima saliente affermazione, veramente integrale, d’indirizzo modernissimo e di principi razionali, che si sia avuta in Savona. […]
Nessuno, anche se compiacentemente attaccato a vecchi motivi architettonici, può negare e disconoscere la bella semplicità e la schietta modernità del nuovo Palazzo Postale”.
Così ne scrive La Rassegna della Provincia di Savona nel numero 11 del novembre 1933, a pochi giorni dall’inaugurazione che una relazione manoscritta, conservata dall’Archivio Storico di Poste Italiane, fissa il 28 ottobre 1933.
Nel documento si legge che: “La costruzione della nuova e decorosa sede dei servizi postali e telegrafici nella città di Savona, si imponeva dato lo sviluppo commerciale ed industriale della città, fu decisa dal Ministero delle Comunicazioni nel 1931 e sollecitamente attuata a mezzo dell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato”.
Il progetto, pubblicato nel 1934 dalla rivista “Architettura”, segna l’avvio dell’evoluzione del linguaggio architettonico di Narducci in direzione “moderna”: in un’area limitata e irregolare, concepisce un’originale soluzione ad angolo tra la stretta via Mistrangelo, piazza Diaz e via Manzoni con il prospetto principale parzialmente in curva, caratterizzato all’estremità da una torre con orologio dalle linee “purissime”.
“Studiato con cura e criteri di modernità” e dotato di “tutti i servizi moderni, quali: riscaldamento, ventilazione, telefoni, telegrafi, posta pneumatica, montacarichi, etc.”, il Palazzo viene costruito in meno di tre anni.
Il giudizio della stampa dell’epoca è positivo: piacciono le linee esterne equilibrate e sobrie, la policromia ottenuta con un sapiente accostamento di rivestimenti marmorei; piace la Vittoria con il Pegaso domato, “vigoroso gruppo scultoreo” in pietra di finale opera di Arturo Martini, uno tra i più grandi scultori del Novecento; e piace particolarmente l’“accogliente e luminoso” salone al pubblico “coperto a volta di vetro cemento”, la cui modernità è arricchita dalle vetrate artistiche degli artisti Fontana e Sardi e dai bellissimi altorilievi in ceramica, raffiguranti il Telegrafo e la Posta, opera di Mario Gambetta, pittore e ceramista di fama nazionale che aveva fatto di Albisola la sua residenza d’elezione.
Dall’Archivio Storico di Poste italiane