“Dacché le sue svelte e sicure linee si sono levate allo sguardo e al giudizio della cittadinanza, è stato un coro di ammirazione per questo grande palazzo, che è uscito dalle comuni proporzioni per divenire un eccezionale elemento di grande lustro per la città del Piave”.
Con queste parole il Gazzettino di Belluno celebra, in prima pagina, l’inaugurazione del nuovo palazzo delle Poste di Belluno, il 4 novembre del 1936, e presentato alla cittadinanza già ad ottobre. Il palazzo compie dunque 85 anni. Peraltro portati benissimo.
“Grandioso” viene definito dal quotidiano locale, enfatizzando così il progetto realizzato dall’architetto Alberto Alpago Novello, con la collaborazione di Ottavio Cabiati, entrambi esponenti di quel movimento chiamato Novecento che nella semplificazione delle linee e nel richiamo al classicismo trova la sua ragion d’essere.
Una pulizia formale all’esterno che viene “smentita” una volta entrati nel palazzo, dove il visitatore viene accolto da un’esplosione cromatica priva di condizionamenti neoclassici, grazie ai marmi e agli smalti degli interni e degli arredi.
Il palazzo sorge in Piazza Duomo, è costruito in stile Novecento e ha sostituito l’edificio delle carceri e alcune abitazioni private preesistenti.
L’edificio è a tre piani e ha pianta regolare e squadrata. Centro del palazzo è la sala per il pubblico a copertura piana, con atrio antistante dal quale si accede a tutti i locali per i servizi ai clienti e alle scale. L’entrata principale è riconoscibile per due archi a tutto sesto alti circa 10 metri.
Il basamento e le facciate sono incorniciati da lastre di pietra locale (calcare di Castellavazzo) e intonacate bianche, mentre l’atrio, la sala per il pubblico, gli archi e le pavimentazioni sono in marmo di vari colori: un’esplosione cromatica senza condizionamenti neoclassici, a contrasto con le linee pacate e sobrie dell’esterno di matrice Novecentista.
C’è anche un impianto di inoltro automatico della posta tramite nastro trasportatore, che dalle due buche esterne d’impostazione arrivava fino alla sala dei portalettere: il primo impianto di questo tipo nelle Tre Venezie.
Complessa la vicenda degli arredi che nel 1938 non erano ancora stati completati. In una lettera al Direttore Provinciale, Alpago Novello si sfoga apertamente denunciando l’urgenza di “dare finalmente il dovuto, decente aspetto al salone e alla sala Accettazione Telegrammi (…)”.
I tavoli sono dotati di un’ossatura di ferro e di un’imbottitura di forati per i sostegni e rivestiti in Verde Issoire lucidato.
I calamai, disegnati da Alpago Novello, sono realizzati in marmo nero con il serbatoio della penna profilato in smalto rosso. Gli sgabelli con cuscino in cuoio rosso hanno il supporto in patinato verde. Portacarte e portaombrelli sono in bronzo.
I lampadari cilindrici, di grande pregio, sono in vetro di Murano con fasce in ottone, secondo lo stile in voga in quel periodo.
Sempre molto stretto il rapporto tra l’architettura e le altre arti, considerati anche gli stanziamenti ad hoc inseriti nei capitolati. Per il palazzo di Belluno ci si affida agli stucchi interni di Napoleone Martinuzzi, ai mosaici e alle due sculture di Salvatore Saponaro, posizionate sulla facciata esterna del corpo, eseguite in pietra bianca di Pinè e raffiguranti l’Allegoria della Posta.
Con queste parole il Gazzettino di Belluno celebra, in prima pagina, l’inaugurazione del nuovo palazzo delle Poste di Belluno, il 4 novembre del 1936, e presentato alla cittadinanza già ad ottobre. Il palazzo compie dunque 85 anni. Peraltro portati benissimo.
“Grandioso” viene definito dal quotidiano locale, enfatizzando così il progetto realizzato dall’architetto Alberto Alpago Novello, con la collaborazione di Ottavio Cabiati, entrambi esponenti di quel movimento chiamato Novecento che nella semplificazione delle linee e nel richiamo al classicismo trova la sua ragion d’essere.
Una pulizia formale all’esterno che viene “smentita” una volta entrati nel palazzo, dove il visitatore viene accolto da un’esplosione cromatica priva di condizionamenti neoclassici, grazie ai marmi e agli smalti degli interni e degli arredi.
Il palazzo sorge in Piazza Duomo, è costruito in stile Novecento e ha sostituito l’edificio delle carceri e alcune abitazioni private preesistenti.
L’edificio è a tre piani e ha pianta regolare e squadrata. Centro del palazzo è la sala per il pubblico a copertura piana, con atrio antistante dal quale si accede a tutti i locali per i servizi ai clienti e alle scale. L’entrata principale è riconoscibile per due archi a tutto sesto alti circa 10 metri.
Il basamento e le facciate sono incorniciati da lastre di pietra locale (calcare di Castellavazzo) e intonacate bianche, mentre l’atrio, la sala per il pubblico, gli archi e le pavimentazioni sono in marmo di vari colori: un’esplosione cromatica senza condizionamenti neoclassici, a contrasto con le linee pacate e sobrie dell’esterno di matrice Novecentista.
C’è anche un impianto di inoltro automatico della posta tramite nastro trasportatore, che dalle due buche esterne d’impostazione arrivava fino alla sala dei portalettere: il primo impianto di questo tipo nelle Tre Venezie.
Complessa la vicenda degli arredi che nel 1938 non erano ancora stati completati. In una lettera al Direttore Provinciale, Alpago Novello si sfoga apertamente denunciando l’urgenza di “dare finalmente il dovuto, decente aspetto al salone e alla sala Accettazione Telegrammi (…)”.
I tavoli sono dotati di un’ossatura di ferro e di un’imbottitura di forati per i sostegni e rivestiti in Verde Issoire lucidato.
I calamai, disegnati da Alpago Novello, sono realizzati in marmo nero con il serbatoio della penna profilato in smalto rosso. Gli sgabelli con cuscino in cuoio rosso hanno il supporto in patinato verde. Portacarte e portaombrelli sono in bronzo.
I lampadari cilindrici, di grande pregio, sono in vetro di Murano con fasce in ottone, secondo lo stile in voga in quel periodo.
Sempre molto stretto il rapporto tra l’architettura e le altre arti, considerati anche gli stanziamenti ad hoc inseriti nei capitolati. Per il palazzo di Belluno ci si affida agli stucchi interni di Napoleone Martinuzzi, ai mosaici e alle due sculture di Salvatore Saponaro, posizionate sulla facciata esterna del corpo, eseguite in pietra bianca di Pinè e raffiguranti l’Allegoria della Posta.