Lavora in un ufficio del Telegrafo a Londra la giovane protagonista del racconto di Henry James Nella gabbia, pubblicato nel 1898.
Nella gabbia, perché l’ufficio si trova all’interno di una drogheria, con una grata che separa le due attività. Accadeva anche in Italia, all’epoca, quando un ufficio postale minore poteva essere gestito anche da un commerciante, nei propri locali, purché vi fosse una netta separazione fra gli spazi e il personale dedicati al negozio e quelli dedicati ai servizi offerti per conto delle Regie Poste. Non vi doveva essere alcuna commistione fra le due attività, per ragioni di sicurezza, naturalmente, e contabili, naturalmente, ma anche perché il prestigio dello Stato non fosse svilito dall’esercizio del commercio.
C’è anche un’altra gabbia in cui è reclusa la protagonista del racconto di Henry James, con un’altra grata, quella che divide il mondo in cui lavora e in cui vive la giovane telegrafista da quello fuori. Che è tutto un altro mondo. L’ufficio del telegrafo in cui lavora non è un ufficio qualunque, in un posto qualunque, come tanti. Si trova in un quartiere chic, Mayfair, frequentato da gentiluomini altolocati, da aristocratici, da signori e signore elegantissime, con vestiti alla moda, usi e costumi non semplicemente inarrivabili, ma nemmeno immaginabili.
Non ci si riesce a immaginare che in queste dimore e magioni, “baciate dalla felicità” ci dovessero essere fiori freschi in tutte le stanze, con una persona che se ne occupasse, specie in occasioni di cene importanti, per un tanto al mese. Una salvezza per una vedova che con questo lavoro riesce a sottrarsi alla miseria e fantastica delle straordinarie opportunità che la frequentazione del bel mondo le potrebbe riservare. Non lo esplicita, ma sicuramente pensa ad un bel matrimonio. Non ad un buon matrimonio, ma proprio ad un bel matrimonio.
Al matrimonio è costretta a pensare anche la telegrafista, fidanzata con il signor Mudge, il capo droghiere, un signore senza grilli per la testa, che si ritrova trasferito in altro negozio, in una zona decisamente periferica di Londra, in un posto qualunque, in un negozio con annesso ufficio telegrafico frequentato da gente qualunque. La nostra protagonista non ha nessuna voglia di lavorare in un ufficio così qualunque, anche se questo le permetterebbe di risparmiare qualcosina. Per una che sta appena risalendo nella scala sociale, dopo aver vissuto anche in miseria per un tracollo del destino, ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato. Ma.
Ma tutte quelle vite misteriose che si affacciano nel suo ufficio… tutte quelle persone eleganti…Persone, poi, che non esitano a spendere - e quanto spendono! – mandando telegrammi su telegrammi, talvolta telegrafici talvolta lunghi come una lettera. Vuole restare nel “suo” ufficio e le manca “il coraggio di dire al signor Mudge che la possibilità di dare libero corso alla propria fantasia valeva i tre scellini alla settimana che voleva aiutarla a risparmiare”
Ogni volta che deve leggere il testo da trasmettere, le si dipana una visione di vite illustri da immaginare. Ricostruisce storie, aggiunge tasselli e molto fantastica perché in quell’ufficio i telegrammi si spediscono, ma non si ricevono. Così non ha modo di sapere se Lady Bradeen abbia poi accettato l’invito a cena di quel capitano Everard di un certo telegramma, se ci sia veramente andata e come sia andata.
Dei tanti è su questi altolocati che la telegrafista esercita le proprie capacità immaginative e divinatorie. Ha capito che fra loro c’è qualcosa, probabilmente una relazione clandestina. Ha capito che si scrivono in codice, usando nomi fittizi di luoghi e di persone per comunicarsi gli appuntamenti. Conosce così bene questo codice che ne controlla l’esatta applicazione con gli interessati prima di spedire un telegramma, suggerendo modifiche. È così preoccupata per le sorti dei due che, quando la necessità lo richiede, si ricorda di quello spedito mesi prima che è ora di estrema importanza recuperare. Così, di telegramma in telegramma, immaginando anche che ormai vi sia un legame speciale fra lei e il capitano Everard.
Intanto la vita di Lady Bradeen e del suo capitano va avanti e lei, improvvisamente, smetterà di fantasticare sulle vite degli altri. O perlomeno di questi altri. Si trasferirà nell’altro ufficio del Telegrafo, in periferia? Sposerà il droghiere? E la vedova fiorista riuscirà a cogliere le opportunità che la frequentazione del bel mondo potrebbe riservarle?
Nella prossima puntata di Racconti Telegrafici si parlerà di Matilde Serao e della sua novella “Telegrafi dello Stato”.
archiviostorico@posteitaliane.it
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Nella gabbia, perché l’ufficio si trova all’interno di una drogheria, con una grata che separa le due attività. Accadeva anche in Italia, all’epoca, quando un ufficio postale minore poteva essere gestito anche da un commerciante, nei propri locali, purché vi fosse una netta separazione fra gli spazi e il personale dedicati al negozio e quelli dedicati ai servizi offerti per conto delle Regie Poste. Non vi doveva essere alcuna commistione fra le due attività, per ragioni di sicurezza, naturalmente, e contabili, naturalmente, ma anche perché il prestigio dello Stato non fosse svilito dall’esercizio del commercio.
C’è anche un’altra gabbia in cui è reclusa la protagonista del racconto di Henry James, con un’altra grata, quella che divide il mondo in cui lavora e in cui vive la giovane telegrafista da quello fuori. Che è tutto un altro mondo. L’ufficio del telegrafo in cui lavora non è un ufficio qualunque, in un posto qualunque, come tanti. Si trova in un quartiere chic, Mayfair, frequentato da gentiluomini altolocati, da aristocratici, da signori e signore elegantissime, con vestiti alla moda, usi e costumi non semplicemente inarrivabili, ma nemmeno immaginabili.
Non ci si riesce a immaginare che in queste dimore e magioni, “baciate dalla felicità” ci dovessero essere fiori freschi in tutte le stanze, con una persona che se ne occupasse, specie in occasioni di cene importanti, per un tanto al mese. Una salvezza per una vedova che con questo lavoro riesce a sottrarsi alla miseria e fantastica delle straordinarie opportunità che la frequentazione del bel mondo le potrebbe riservare. Non lo esplicita, ma sicuramente pensa ad un bel matrimonio. Non ad un buon matrimonio, ma proprio ad un bel matrimonio.
Al matrimonio è costretta a pensare anche la telegrafista, fidanzata con il signor Mudge, il capo droghiere, un signore senza grilli per la testa, che si ritrova trasferito in altro negozio, in una zona decisamente periferica di Londra, in un posto qualunque, in un negozio con annesso ufficio telegrafico frequentato da gente qualunque. La nostra protagonista non ha nessuna voglia di lavorare in un ufficio così qualunque, anche se questo le permetterebbe di risparmiare qualcosina. Per una che sta appena risalendo nella scala sociale, dopo aver vissuto anche in miseria per un tracollo del destino, ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato. Ma.
Ma tutte quelle vite misteriose che si affacciano nel suo ufficio… tutte quelle persone eleganti…Persone, poi, che non esitano a spendere - e quanto spendono! – mandando telegrammi su telegrammi, talvolta telegrafici talvolta lunghi come una lettera. Vuole restare nel “suo” ufficio e le manca “il coraggio di dire al signor Mudge che la possibilità di dare libero corso alla propria fantasia valeva i tre scellini alla settimana che voleva aiutarla a risparmiare”
Ogni volta che deve leggere il testo da trasmettere, le si dipana una visione di vite illustri da immaginare. Ricostruisce storie, aggiunge tasselli e molto fantastica perché in quell’ufficio i telegrammi si spediscono, ma non si ricevono. Così non ha modo di sapere se Lady Bradeen abbia poi accettato l’invito a cena di quel capitano Everard di un certo telegramma, se ci sia veramente andata e come sia andata.
Dei tanti è su questi altolocati che la telegrafista esercita le proprie capacità immaginative e divinatorie. Ha capito che fra loro c’è qualcosa, probabilmente una relazione clandestina. Ha capito che si scrivono in codice, usando nomi fittizi di luoghi e di persone per comunicarsi gli appuntamenti. Conosce così bene questo codice che ne controlla l’esatta applicazione con gli interessati prima di spedire un telegramma, suggerendo modifiche. È così preoccupata per le sorti dei due che, quando la necessità lo richiede, si ricorda di quello spedito mesi prima che è ora di estrema importanza recuperare. Così, di telegramma in telegramma, immaginando anche che ormai vi sia un legame speciale fra lei e il capitano Everard.
Intanto la vita di Lady Bradeen e del suo capitano va avanti e lei, improvvisamente, smetterà di fantasticare sulle vite degli altri. O perlomeno di questi altri. Si trasferirà nell’altro ufficio del Telegrafo, in periferia? Sposerà il droghiere? E la vedova fiorista riuscirà a cogliere le opportunità che la frequentazione del bel mondo potrebbe riservarle?
Nella prossima puntata di Racconti Telegrafici si parlerà di Matilde Serao e della sua novella “Telegrafi dello Stato”.
archiviostorico@posteitaliane.it
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