Nel 1863, agli esordi delle Regie Poste, la posta era trasportata essenzialmente dai postiglioni (quasi 700) che con i loro 1.500 cavalli e le loro diligenze affrontavano percorsi impervi in territori infestati da briganti, viaggiando da una stazione di posta all’altra. Poi soppiantati da navi, treni, furgoni, aerei…mezzi più adatti a trasportare un numero sempre maggiore di lettere, pacchi e pacchetti. Ma ancora nel secondo dopoguerra, si ricorreva ad un particolare mezzo di trasporto “a trazione umana”. Un triciclo, dotato di un ampio “baule” nel quale e sul quale si stipavano i sacchi della corrispondenza e quant’altro.
Poco adatto, ovviamente, per coprire grandi distanze, era utilizzato principalmente in paesi e cittadine più piccole, per il trasporto di corrispondenza e pacchi dalla stazione ferroviaria all’ufficio postale (e viceversa). Serviva, inoltre, per trasportare corrispondenza e pacchi dall’ufficio postale del paese a quello di località vicine dove il treno non arrivava. L’utilizzo di questo triciclo a pedale è documentato dagli anni Cinquanta e almeno fino al 1971, quando era utilizzato a Orsigna, in provincia di Chieti. Veicoli simili, a pedale, erano in uso già negli anni Trenta, dai cantonieri, come testimoniano le foto dell’Archivio Storico dell’Anas – che ringraziamo – e dalle Poste inglesi.
Ce n’erano di due tipi. È a “trazione umana” quello conservato dall’Archivio Storico e ora visibile nel Palazzo delle Poste di piazza San Silvestro a Roma per l’esposizione inaugurata due anni fa per i 160 anni di Poste Italiane. È invece a “trazione a motore” quello che vediamo in una cartolina illustrata del 1955. Questo, decisamente, non ad “emissioni zero”.
Però, nello stesso periodo, le Poste italiane avevano già cominciato ad usare veicoli elettrici, per “movimentare” la corrispondenza all’interno delle stazioni ferroviarie. I sacchi di corrispondenza erano scaricati dai vagoni postali in carrelli e agganciati ad un “trattorino” elettrico che il conducente portava da un treno all’altro, a seconda della destinazione. Trattorini elettrici erano impiegati anche nei porti, a Messina per esempio, e torneranno utili anche in aeroporti e nei grandi centri di meccanizzazione postale.
Farsi trasportare, viso al vento, da uno di questi trattorini doveva essere un’esperienza piacevole, qualcosa che ricordava i “viaggi” fatti da bambini sui trenini delle giostre di un tempo. Ha un’espressione così serena il dipendente delle Poste che vediamo in una delle fotografie qui pubblicate; ha un’espressione così divertita il Direttore Generale delle Poste Romolo de Caterini che insieme al Ministro Giuseppe Spataro e ad alti funzionari, proprio a bordo di un trattorino elettrico e carrelli al seguito, viene condotto in visita al Deposito Materiali e Stampati di Scanzano, in Umbria, agli inizi degli anni Cinquanta.
Poco adatto, ovviamente, per coprire grandi distanze, era utilizzato principalmente in paesi e cittadine più piccole, per il trasporto di corrispondenza e pacchi dalla stazione ferroviaria all’ufficio postale (e viceversa). Serviva, inoltre, per trasportare corrispondenza e pacchi dall’ufficio postale del paese a quello di località vicine dove il treno non arrivava. L’utilizzo di questo triciclo a pedale è documentato dagli anni Cinquanta e almeno fino al 1971, quando era utilizzato a Orsigna, in provincia di Chieti. Veicoli simili, a pedale, erano in uso già negli anni Trenta, dai cantonieri, come testimoniano le foto dell’Archivio Storico dell’Anas – che ringraziamo – e dalle Poste inglesi.
Ce n’erano di due tipi. È a “trazione umana” quello conservato dall’Archivio Storico e ora visibile nel Palazzo delle Poste di piazza San Silvestro a Roma per l’esposizione inaugurata due anni fa per i 160 anni di Poste Italiane. È invece a “trazione a motore” quello che vediamo in una cartolina illustrata del 1955. Questo, decisamente, non ad “emissioni zero”.
Però, nello stesso periodo, le Poste italiane avevano già cominciato ad usare veicoli elettrici, per “movimentare” la corrispondenza all’interno delle stazioni ferroviarie. I sacchi di corrispondenza erano scaricati dai vagoni postali in carrelli e agganciati ad un “trattorino” elettrico che il conducente portava da un treno all’altro, a seconda della destinazione. Trattorini elettrici erano impiegati anche nei porti, a Messina per esempio, e torneranno utili anche in aeroporti e nei grandi centri di meccanizzazione postale.
Farsi trasportare, viso al vento, da uno di questi trattorini doveva essere un’esperienza piacevole, qualcosa che ricordava i “viaggi” fatti da bambini sui trenini delle giostre di un tempo. Ha un’espressione così serena il dipendente delle Poste che vediamo in una delle fotografie qui pubblicate; ha un’espressione così divertita il Direttore Generale delle Poste Romolo de Caterini che insieme al Ministro Giuseppe Spataro e ad alti funzionari, proprio a bordo di un trattorino elettrico e carrelli al seguito, viene condotto in visita al Deposito Materiali e Stampati di Scanzano, in Umbria, agli inizi degli anni Cinquanta.