Piccola sì, ma per nulla fragile la cassetta di impostazione che nel secondo dopoguerra faceva bella mostra di sé sulle fiancate di autobus e tram nelle principali città italiane.
Piccola, perché misurava poco più di 30 centimetri in larghezza, 43 in altezza e 17 in profondità, e resistente perché realizzata in ferro, trattato e verniciato con i migliori ritrovati dell’epoca per poter degnamente affrontare le intemperie, gli scossoni e i sobbalzi dei veicoli su cui era installata.
Negli anni Sessanta il boom economico si riflette anche nel boom della corrispondenza. Aumentano gli affari, si viaggia di più, l’analfabetismo arretra vistosamente e gli italiani si scrivono di più: cinque miliardi fra lettere, cartoline e affini nel 1960, contro i tre miliardi circa del 1951.
Nasce così l’idea di installare cassette di impostazione in formato ridotto anche su tram e su autobus che nei loro percorsi facciano tappa alla stazione ferroviaria della città. Chi ha una lettera già affrancata da spedire può imbucarla al volo nella cassetta di uno di questi mezzi. Quando l’autobus o il tram arriva alla fermata della stazione, un impiegato delle Poste svuota la cassetta oppure la ritira e la porta all’ufficio postale della stazione ferroviaria. Qui solerti addetti smistano la posta e la consegnano ai treni in partenza per le varie città. Il loro collega, intanto, ha già sostituto la cassetta ritirata con un’altra identica e vuota, pronta ad accogliere altre lettere e altre cartoline.
La soluzione escogitata non è esattamente una novità assoluta. Le piccole cassette di impostazione compaiono già nell’Ottocento, nelle stazioni ferroviarie e agganciate alle fiancate dei treni, con il medesimo scopo e funzionano, all’incirca, nel medesimo modo. La cassetta viene svuotata o sostituita nelle varie fermate del treno e la posta subito smistata e incanalata verso la destinazione finale. Su alcuni treni, poi, ci sono anche dei veri e propri uffici postali con impiegati che smistano, timbrano, sigillano e che, di fermata in fermata, consegnano ai loro colleghi la posta da recapitare.
Nel 1886 la Direzione Generale delle Poste commissiona all’Officina Meccanica di Ettore Calzone 100 cassette mobili al costo complessivo di 2.200 lire. Nel contratto si precisa che debbono essere costruite in lamiera di ferro di prima qualità, lavorate a perfetta regola d’arte, verniciate con colore a olio a due mani e portare dal davanti la leggenda Regie Poste.
Piccole, dunque, leggere, resistenti, dotate di maniglia. Dall’Ottocento agli anni Settanta del secolo scorso se ne sono viste di tutti i colori, rosse, gialle, verdi, grigie e di varie forme. Hanno affrontato non solo intemperie e sobbalzi e scossoni ma anche fucilate, granate e bombardamenti. Una variante della cassetta di impostazione qui riprodotta, più compatta, meno arzigogolata e nel classico rosso delle Poste fa parte della dotazione degli oltre 150 uffici di posta militare da campo che nella Grande Guerra accompagnano e i nostri soldati al fronte. Grazie a questi uffici di posta militare fra il 1915 e il 1918 i nostri soldati ricevono da amici e familiari più di un miliardo e mezzo di lettere e cartoline. Grazie alle piccole cassette di impostazione ne spediscono ben più di due miliardi.
Piccola, perché misurava poco più di 30 centimetri in larghezza, 43 in altezza e 17 in profondità, e resistente perché realizzata in ferro, trattato e verniciato con i migliori ritrovati dell’epoca per poter degnamente affrontare le intemperie, gli scossoni e i sobbalzi dei veicoli su cui era installata.
Negli anni Sessanta il boom economico si riflette anche nel boom della corrispondenza. Aumentano gli affari, si viaggia di più, l’analfabetismo arretra vistosamente e gli italiani si scrivono di più: cinque miliardi fra lettere, cartoline e affini nel 1960, contro i tre miliardi circa del 1951.
Nasce così l’idea di installare cassette di impostazione in formato ridotto anche su tram e su autobus che nei loro percorsi facciano tappa alla stazione ferroviaria della città. Chi ha una lettera già affrancata da spedire può imbucarla al volo nella cassetta di uno di questi mezzi. Quando l’autobus o il tram arriva alla fermata della stazione, un impiegato delle Poste svuota la cassetta oppure la ritira e la porta all’ufficio postale della stazione ferroviaria. Qui solerti addetti smistano la posta e la consegnano ai treni in partenza per le varie città. Il loro collega, intanto, ha già sostituto la cassetta ritirata con un’altra identica e vuota, pronta ad accogliere altre lettere e altre cartoline.
La soluzione escogitata non è esattamente una novità assoluta. Le piccole cassette di impostazione compaiono già nell’Ottocento, nelle stazioni ferroviarie e agganciate alle fiancate dei treni, con il medesimo scopo e funzionano, all’incirca, nel medesimo modo. La cassetta viene svuotata o sostituita nelle varie fermate del treno e la posta subito smistata e incanalata verso la destinazione finale. Su alcuni treni, poi, ci sono anche dei veri e propri uffici postali con impiegati che smistano, timbrano, sigillano e che, di fermata in fermata, consegnano ai loro colleghi la posta da recapitare.
Nel 1886 la Direzione Generale delle Poste commissiona all’Officina Meccanica di Ettore Calzone 100 cassette mobili al costo complessivo di 2.200 lire. Nel contratto si precisa che debbono essere costruite in lamiera di ferro di prima qualità, lavorate a perfetta regola d’arte, verniciate con colore a olio a due mani e portare dal davanti la leggenda Regie Poste.
Piccole, dunque, leggere, resistenti, dotate di maniglia. Dall’Ottocento agli anni Settanta del secolo scorso se ne sono viste di tutti i colori, rosse, gialle, verdi, grigie e di varie forme. Hanno affrontato non solo intemperie e sobbalzi e scossoni ma anche fucilate, granate e bombardamenti. Una variante della cassetta di impostazione qui riprodotta, più compatta, meno arzigogolata e nel classico rosso delle Poste fa parte della dotazione degli oltre 150 uffici di posta militare da campo che nella Grande Guerra accompagnano e i nostri soldati al fronte. Grazie a questi uffici di posta militare fra il 1915 e il 1918 i nostri soldati ricevono da amici e familiari più di un miliardo e mezzo di lettere e cartoline. Grazie alle piccole cassette di impostazione ne spediscono ben più di due miliardi.