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Angiolo Mazzoni Del Grande e i suoi Palazzi di Poste Italiane

Il nuovo album pubblicato sul sito di Censimento Fotografia Italia è dedicato ad Angiolo Mazzoni del Grande.

Ostia Il nuovo album pubblicato sul sito di Censimento Fotografia Italia (puoi vederlo qui) è dedicato ad Angiolo Mazzoni del Grande (1984-1945), uno dei maggiori protagonisti dell’architettura italiana tra le due guerre.
 
Ingegnere e architetto del Ministero delle Comunicazioni, a lui dobbiamo alcuni tra i più significativi edifici del Novecento, fra tra i quali: i Palazzi delle Poste di Ferrara (1930), Bergamo (1932), Gorizia (1932), Grosseto (1932), La Spezia (1933), Palermo (1934), Trento (1934); Agrigento (1935), Pola (1935); le Ricevitorie Postelegrafoniche di Latina (1932), Sabaudia (1934), Ostia Lido (1934) e la colonia marina di Calambrone (1933) per i figli di postelegrafonici e ferrovieri.
 
All’inizio della sua carriera Mazzoni collabora un paio d’anno allo studio di Marcello Piacentini, responsabile delle influenze monumentaliste dei suoi progetti.
Si avvicina poi al Futurismo, dopo aver conosciuto personalmente Marinetti, che aveva assistito all’inaugurazione delle poste di Latina. In un articolo dal titolo “Ritmo eroico” (Gazzetta del Popolo, 19 dicembre 1932) Marinetti ne esalta l’architettura, definendola «superamento futurista del razionalismo».
Nel 1934 sottoscrive infine il Manifesto Futurista dell’Architettura Aerea, accanto a Filippo Tommaso Marinetti e Mino Somenzi.
 
Mazzoni adotta certamente soluzioni futuristiche, soprattutto la policromia e la «polimateria», come egli stesso usa definire la vasta gamma di materiali e di colori impiegati per le sue realizzazioni, ma sono altrettanto presenti la conoscenza e l’utilizzo degli elementi classici e delle tecniche costruttive antiche. Novecentismo, futurismo, costruttivismo, razionalismo: l’opera di Mazzoni sperimenta e sintetizza, influendo fortemente nell’elaborazione di un’immagine rinnovata dell’edilizia pubblica, come strumento di comunicazione di massa: definisce un’immagine forte e convincente che allo stesso tempo risulta moderna, istituzionale e proiettata verso il futuro delle nuove tecnologie.
L’ecletticità della sua espressione progettuale è testimoniata anche da un particolare metodo adottato nell’elaborazione e nella presentazione dei progetti. Di solito, infatti, egli propone una serie di soluzioni in stile diverso: quelle classiciste gradite dal regime, tradizionaliste richieste dalle amministrazioni, moderne secondo la sua sensibilità personale. Inoltre le numerose occasioni progettuali gli consentirono di tentare sempre nuove strade espressive, fino a stabilizzarsi su quel linguaggio eterogeneo, spesso anche frutto di mediazione in situazioni di discordia tra i suoi interlocutori.
 
Questo il commento entusiasta di Marcello Piacentini: “Ammirevole figura, quella di Angiolo Mazzoni! Pur dirigendo un ufficio e sopportando tutti i pesi della burocrazia, è riuscito ad imprimere, con fede e tenacia, a tutti gli innumerevoli lavori a lui affidati, il soffio vivificatore dell’arte e di uno spirito nuovo là dove da tempo l’architettura era limitata ai compiti modesti di pratiche di ufficio. Questo singolarissimo funzionario ha saputo conferire alla carica che egli copre nel Ministero delle Comunicazioni una importanza eccezionale ed un tono del tutto personale.” (M. Piacentini, La nuova Stazione di Roma Imperiale, in “Architettura”, XVIII, dicembre 1939, fasc. speciale, pp. 72-85.)
 
La Spezia E ancora più entusiasta quello di Luigi Colombo (Fillìa), che così si esprime sul palazzo di La Spezia: “L’attività di Angiolo Mazzoni è soprattutto importante perché le sue architetture sono edifici pubblici nel cuore della città. […] specialmente nell’interno, ideato e arredato con progetti più recenti, si ha una prova chiara e innegabile della superiorità di questo edificio. Si respira nuovamente la nuova bellezza dell’estetica del nostro tempo, nel giuoco orizzontale dei marmi neri e rosa, nello splendore e nei colori dei metalli […] la rinuncia definitiva a tutte le sculture di sapore neoclassico che s’innalzavano sulla facciata, all’abolizione di ogni decorazione esterna. Rimane così il puro giuoco dei volumi del Palazzo intimamente legato al movimento urbanistico della parte alta e della parte bassa della città con una scala che sale lungo il fianco destro e dinamizza mirabilmente le forme.”
Infatti Mazzoni in fase di progettazione non solo si preoccupa di rendere omogenee le rifiniture architettoniche, ma quasi sempre progetta e disegna personalmente arredamento, lampade, oggetti, soprammobili  e molto altro, oppure commissiona opere d’arte ai migliori artisti del tempo. Da lui sono state volute, ed esempio, le cinque grandi tele di Benedetta Cappa Marinetti, restaurate da Poste Italiane pochi anni fa e quindi esposte al Museo Guggenheim di New York, i duecento metri quadri di mosaici futuristi di Luigi Colombo (Fillìa) e di Enrico Prampolini e ancora opere di Tato (Guglielmo Sansoni), M. Sironi, F. Depero, Ponzi.
Nel 1948 si trasferisce in Colombia dove accetta la cattedra di Architettura e Urbanistica presso l’Università Nazionale di Bogotá e dove continua l’attività progettuale. Rientra in Italia nel 1963; si stabilisce a Roma dedicandosi alla ricostruzione del suo archivio personale che dona al Comune di Rovereto, già sede della Casa-Museo Depero.