
La Prima Guerra Mondiale è considerata anche l’ultima delle guerre risorgimentali, combattuta anche perché le “terre irredente” come il Trentino e il Friuli orientale, ancora soggette all’Impero Austroungarico, potessero tornare all’Italia, perché si compisse l’Unità nazionale. Con un grandissimo impegno anche delle Regie Poste perché cittadini e soldati fossero un esercito solo, come si legge su una delle innumerevoli cartoline prestampate che i militari potevano spedire gratuitamente ai propri familiari e amici.
Le Regie Poste contribuirono a sostenere l’impegno bellico. Basti pensare all’importanza di una rete telegrafica efficiente, estesa e capillare che permettesse di comunicare velocemente. D’intesa con il Comando di Stato Maggiore le Poste allestiscono una nuova rete telegrafica destinata principalmente alle comunicazioni militari, spesso in condizioni estreme, quasi sempre in alta montagna, con la posa di oltre 5.100 chilometri di nuovi fili. Potenziano i centri telegrafici della capitale e degli uffici che si trovano sul versante Adriatico, dove opera la squadra navale. Il telegrafo senza fili, inventato da Guglielmo Marconi, assicura le comunicazioni fra la terraferma e le isole e con le navi della Marina militare.

I soldati hanno bisogno di generi di conforto, cappotti, maglioni, sigarette, cibo che ricevono dai familiari grazie ad uno speciale pacco militare che si può spedire a tariffa ridotta. A tariffa ridotta erano anche lettere e cartoline inviate loro.
Il più importante ed elevato contributo delle Poste viene da qualcosa di immateriale. Viene dalla possibilità per i soldati in guerra di non sentirsi abbandonati e alla mercé degli eventi. Per merito della posta. Lo testimonia quello che scrivono nei diari, nelle lettere, spesso in un italiano molto approssimativo, sgrammaticato, un italiano che non è ancora italiano, ma già comincia a non essere più dialetto.
È un italiano forbito quello dello scrittore Ardengo Soffici che nel suo Diario di battaglia scrive: È arrivata la posta. Se le amiche, gli amici potessero immaginare il piacere di ricevere un saluto, una notizia qui! Chi non è stato per giorni e giorni così faccia a faccia con la morte, non potrà mai capire la dolcezza di una parola d’amore che arriva di lontano, a dispetto di tutti (Ardengo Soffici, Kobilek: giornale di battaglia, edito da Vallecchi nel 1919).

In tre anni e mezzo di guerra un flusso ininterrotto di comunicazioni unisce Fronte e Paese. Quattro miliardi di lettere e cartoline. Due miliardi e mezzo, spedite dai militari. Un miliardo e mezzo quelle da loro ricevute. Ogni lettera sarà desiderata, richiesta, attesa con ansia. Un numero impressionante se si pensa all’elevatissimo tasso di analfabetismo e alla difficoltà materiale di scrivere, non solo per le condizioni di vita in trincea, negli spostamenti, nei combattimenti, ma, più banalmente, perché non si disponeva né di un foglio di carta né di una matita.
Un’impressionante organizzazione logistica fa sì che corrispondenza e pacchi arrivino fino in trincea e che dalla trincea lettere e cartoline giungano a casa. Nella sezione “I nostri filmati”, alcuni video girati nel nostro Archivio Storico con la redazione di European Affairs, raccontano questa complessa macchina da guerra e altro ancora. Il servizio integrale di European Affairs si può vedere su europeanaffairs.it.
Per approfondimenti:
archiviostorico@posteitaliane.it